Il bisogno sociale della neutralità tecnica e morale nella salvaguardia del diritto alla salute delle gestanti.
Abstract: Uno dei temi centrali di questi ultimi anni è il calo delle nascite. Si è persino giunti a parlare di “inverno e deserto demografico”. L’interventismo cattolico è molto attento e attivo nel proporre proprie soluzioni all'argomento.
In questa cornice, viene trattato il tema della neutralità tecnica nel garantire l’autodeterminazione della Donna sulle sue scelte riproduttive, affrontandolo secondo etica e deontologia professionale.
Partendo dalla notizia dell’istituzione della Stanza dell’Ascolto al Sant’Anna di Torino, viene evidenziata sia la criticità che emerge dall’aver lanciato tale iniziativa in convenzione con un’associazione cattolica nazionale sia l’obbligo, per il Sistema Sanitario Nazionale, di garantire neutralità nella prevenzione e nella cura.
Analisi del tema, riflessione e conclusioni sono condotte nel conforto del R.D.1398/1930 (Codice Penale), del D.Lgs.1256/47 (Compiti dell'Associazione italiana della Croce Rossa in tempo di pace), della Costituzione Italiana, delle leggi dello Stato n.405/75 (consultori), n.194/78 (procreazione responsabile), n.833/78 (S.S.N.), n.56/89 (psicologi), n.266/91 (volontariato), n.3/2018 (riordino professioni sanitarie), del Prot.n.15000174/2015 del CNOP (La professione di psicologo: Declaratoria, Elementi caratterizzanti ed Atti Tipici), nonché delle Linee guida di OPRS per Psicologi e Psicoterapeuti del 2022 (Tutelare la professione per tutelare la salute dei cittadini).
“Stanza dell’Ascolto” al Sant’Anna di Torino
La "Stanza dell'Ascolto" dell'ospedale Sant’Anna di Torino è un'iniziativa di supporto alle gestanti istituita in convenzione con la Federazione Movimento per la Vita del Piemonte (FederviPa). Uno dei suoi principali sostenitori è l’assessore regionale Maurizio Raffaello Marrone (FdI), noto per la sua visione conservatrice sull’aborto.
In teoria, questa iniziativa offrirebbe “sostegno ed ascolto a donne incinta in situazioni difficili, come parte di un programma più ampio di sostegno durante e dopo la gravidanza” (come si legge sul sito dell’azienda ospedaliera - universitaria, Città della Salute e della Scienza di Torino). Tuttavia, desta perplessità sia l'orientamento “di parte” di questa associazione (si veda l’art.3 dello Statuto del Centro di aiuto alla vita) sia il potenziale ricorso a psicologə che, influenzatə da scopi, fini e attività propri di questa associazione, potrebbero non operare più, o affatto, con la sufficiente e necessaria neutralità tecnica. Di conseguenza, le gestanti correrebbero il rischio di vedersi garantito "solo in apparenza" il loro diritto alla autodeterminazione sulla propria gravidanza.
Dimostreremo qui, a breve, che garantire una procreazione responsabile significa anche porre le donne nella condizione di esprimere liberamente le loro necessità e preferenze per compiere autonomamente scelte consapevoli sul proprio corpo e sulla propria salute. Nessuna pressione esterna o influenza ideologica dovrebbe mai interferire e neppure le norme vigenti lo permettono.
Procreazione responsabile
Difatti, nel pieno rispetto dei principi costituzionali secondo cui la Repubblica “protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” (Cost., art.32, co.2) e “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (Cost., art.32, co.1), con la legge 405/1975 sono stati istituiti i consultori ai quali è stato affidato il servizio pubblico di assistenza alla famiglia e alla maternità. Sono, dunque, i consultori a garantire l’assistenza psicologica e sociale su maternità e paternità responsabili; la somministrazione dei mezzi necessari alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti; la tutela della salute della donna e del frutto del concepimento; la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere e/o prevenire la gravidanza, consigliando metodi e farmaci adatti a ciascun caso (dall’art.1 della legge 405/75).
In seguito, con la legge 194/78, le donne hanno acquisito il diritto di chiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari (art.4, legge 194/78).
Anche la successiva legge 833/78, che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), persegue sia le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalità perinatale ed infantile (art.2, co.2, lett. c, legge 833/78) sia la tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile (art.14, co.3, lett. d, legge 833/78).
Evidenziamo che il punto cruciale in comune tra queste leggi è l’attuazione di una politica di supporto alle donne e alle famiglie che promuova una procreazione responsabile.
Allora, in questo quadro, come e dove si collocano le associazioni di volontariato?
In primo luogo, ai sensi della legge 194/78, ai consultori è consentito di avvalersi di collaborazioni con associazioni di volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita (art.2, legge 194/78). Da qui deduciamo, dunque, che ai consultori è attribuito il compito di farsi garanti di non esporre l’utente, bisognoso di assistenza psicologica e sociale su maternità e paternità responsabili, al rischio di manipolazioni di parte, essendo responsabili della scelta delle figure professionali di cui si avvalgono per attuare il mandato legislativo - e sociale - a loro affidato (legge 405/75).
In secondo luogo, nella legge istitutiva del S.S.N. “è riconosciuta la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite aventi la finalità di concorrere al conseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario nazionale” (art.45, co.1, legge 833/78). Inoltre, “i rapporti fra le unità sanitarie locali e le associazioni del volontariato ai fini del loro concorso alle attività sanitarie pubbliche sono regolati da apposite convenzioni nell'ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale” (art.45, co.5, legge 833/78).
Per quanto attiene le attività delle associazioni di volontariato nell’ambito del S.S.N., nel 1978 era stato stabilito che “I compiti di cui all'articolo 2, lettera b), del decreto del Capo provvisorio dello Stato 13 novembre 1947, n.1256, possono essere svolti anche dalle Associazioni di volontariato di cui al precedente articolo 45, in base a convenzioni da stipularsi con le unità sanitarie locali interessate per quanto riguarda le competenze delle medesime” (art.71, legge 833/78). È utile, qui, ricordare che il suddetto dispositivo del Capo provvisorio dello Stato risale, appunto, al 1947, ossia è antecedente alla Costituzione Italiana che reca i principi ispiratori delle successive leggi dello Stato. Il suddetto dispositivo, andava a normare i compiti affidati all'Associazione italiana della Croce Rossa in tempo di pace ossia, in dettaglio, era stato stabilito di “organizzare e disimpegnare su piano nazionale il pronto soccorso ed il trasporto degli infermi e degli infortunati con i propri servizi a gestione diretta ed altresì mediante il coordinamento e la disciplina di quelli effettuati da altre associazioni locali, di cui segnala all'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità pubblica le eventuali irregolarità o manchevolezze per i provvedimenti di competenza, al fine della massima efficienza del servizio anche per il caso di necessità di carattere generale” (art.2, lett. b. D.Lgs.1256/1947). Dunque, tra i compiti richiamati nella norma del 1947, non vi è alcun riferimento a “sostegno ed ascolto a donne incinta in situazioni difficili, come parte di un programma più ampio di sostegno durante e dopo la gravidanza” bensì, come chiaramente si comprende, si tratta di tipologie di attività ben differenti, seppure atte a dare supporto e sollievo al carico di lavoro a gravare sulla sanità pubblica.
Per quanto concerne la necessità di individuare le regole del rapporto tra volontariato e Istituzioni, nella legge 266/91 è stabilito che “i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti” (art.1, co.2, legge 266/91). Inoltre, riguardo la tipologia giuridica del rapporto, tale legge stabilisce che “le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate” (art.3, co.5, legge 266/91). E, più in dettaglio sulle convenzioni, nella stessa legge è stabilito sia che “lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa” (art.7, co.1, legge 266/91) sia che “le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese” (art.7, co.2, legge 266/91).
E tutto ciò è cruciale per l’analisi e la riflessione che stiamo conducendo.
Anzitutto, nella legge 266/91, viene concentrata l’attenzione su un aspetto molto importante: le associazioni devono dimostrare attitudine e capacità operativa. Ora, in un servizio pubblico finalizzato a offrire percorsi di sostegno alle gestanti, al quale si rivolgono utenti in uno stato temporaneo di fragilità emotiva, quale professionalità è realmente necessaria? Sarà, forse, quella prestata “in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà” (art.2, co.1, legge 266/91)?
Riteniamo superfluo rispondere a una domanda che porta in sé la risposta.
Inoltre, dato che “le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti”, come può esserne stata stipulata una, ritenendo peraltro che sia coerente e congruente con la finalità di questo servizio pubblico, con un’associazione che, nell’art.3 del suo Statuto, stabilisce che “sono compiti specifici dell’Associazione, la tutela e la protezione della vita umana, con particolare riferimento a quelle fasi in cui il diritto all’esistenza e l'uguale dignità degli esseri umani sono negati o posti in forse dal costume o dalle leggi e per questo si oppone ad ogni provvedimento che legittimi pratiche abortive, eutanasiche e di manipolazioni soppressive della vita umana” (art.3 dello Statuto del Centro di aiuto alla vita).
Quindi, in forza di legge è stata stipulata una convenzione con un soggetto giuridico che dichiara apertamente, e ne fa addirittura il suo grido di battaglia, che "si oppone ad ogni provvedimento che legittimi pratiche abortive"?
Sembrerebbe che sia accaduto proprio questo paradosso. Sulla base delle norme vigenti, è stato consentito, infatti, a tale associazione, di perseguire il proprio fine di opporsi al medesimo quadro normativo che le consente di essere entrata in convenzione. Allora, dato che le convenzioni “devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità” (ossia una forma di verifica a posteriori dell'operato già svolto), gli ospedali pubblici non dovrebbero sottoscriverle affatto senza condurre gli opportuni e necessari accertamenti preliminari sui soggetti che intendono convenzionarsi, concludendo l'iter di convenzionamento con la negazione della sottoscrizione, motivando con la non conformità alle leggi dello Stato. Peraltro, nella norma (art.7, co.2, legge 266/91) sarebbe anche previsto il rimborso delle spese. Dunque, potrebbe essere rimborsato anche chi, incaricato di offrire un pubblico servizio, si oppone a provvedimenti di legge?
Stupisce, quindi, che possa essere ritenuta valida, a cominciare dal piano giuridico, una convenzione diretta tra l’ospedale Sant’Anna di Torino e il Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita / FederviPA.
Etica e deontologia professionale dellə psicologə
Ora, oltre ad avere inquadrato la cornice normativa e aver individuato le incongruenze evidenziate finora, perché è così importante affidare allə psicologə il percorso di supporto alle gestanti?
In primo luogo, è fondamentale che il dialogo da intraprendere con le donne, soprattutto nei primi 90 giorni di gravidanza (stante, per legge, la possibilità di interromperla), sia inclusivo, centrato sull'ascolto nonché garantista del rispetto dell'autodeterminazione della gestante.
In secondo luogo, cosa si deve intendere con “Ascolto” in un percorso di sostegno? L’ascolto psicologico va oltre la comprensione del cosiddetto “problema” giacché implica attenzione e rispetto della persona che, in quel momento, sta condividendo non solo una singola questione ma il suo mondo interiore. L’atto dell’ascolto, così inteso, rappresenta dunque uno spazio di sicurezza e comprensione in cui la persona è libera di condividere i suoi pensieri in assenza di giudizi e pregiudizi. Lə psicologə ha il compito di accompagnare la persona verso un percorso di consapevolezza, riconoscendo la sua unicità e complessità, al fine di creare un legame empatico e genuino (Ricci, L., 2019).
I primi tre mesi di gravidanza costituiscono, per la gestante e la sua famiglia, un periodo delicato in cui anche le certezze personali antecedenti potrebbero vacillare. Ed è proprio in questo stato temporaneo di fragilità emotiva che occorre protezione da qualsiasi tentativo di strumentalizzazione ideologica, sia esso a favore oppure contro l'aborto. Ciò può aversi solo se si fruisce di un valido, qualificato e neutrale supporto alla scelta informata e consapevole, verso una procreazione responsabile. Questa tutela è garantita da ogni psicologə, in quanto abilitatə all’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico (dall'art.1 della legge 56/89). Il lavoro dellə psicologə si basa sulla protezione del benessere e della dignità individuale. Ogni psicologə è tenutə a garantire la privacy, l'autodeterminazione e il benessere dei pazienti. Al contrario, un'associazione fondata su principi e fini di parte potrebbe non riconoscere l'autodeterminazione della persona, poiché gli interessi associativi potrebbero, invece, prevalere. La formazione etica e professionale dellə psicologə si traduce, invece, in un approccio responsabile che pone il paziente al centro.
Occorre, soprattutto, osservare che, sebbene la legge sull’aborto (legge 194/78) sia antecedente a quella dell’ordinamento della professione di psicologə (legge 56/89), non si può non tenere conto, nel 2023, del fatto che questa sia stata inclusa tra quelle sanitarie già da un quinquennio. Pertanto, l’attuazione del testo delle leggi antecedenti deve includere, oggi, la figura dellə psicologə, sia perché previsto da una norma successiva sia per quanto attiene al possesso delle competenze e all’obbligo deontologico necessari. Lə psicologə, infatti, ritiene di assoluta centralità l'etica professionale. Per questo motivo, è dal 1998 che la categoria conserva e osserva regole comportamentali professionali molto ferree. Queste sono racchiuse nel Codice Deontologico delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani (CDP) che, facendo proprio l’esito dei lavori sul codice etico dell’assemblea generale (Atene, 1995) della European Federation of Professional Psychologists (Meta-Code of Ethics, EFPA in Dodaro G., 2006, Ordinamento deontologia e responsabilità professionale dello psicologo, CUSL, Milano, pagg.200-206), è stato fondato su quattro principi etici: 1) rispetto e promozione dei diritti e della dignità delle persone e degli animali; 2) competenza; 3) responsabilità; 4) onestà e integrità, lealtà e trasparenza.
In particolare, nel CDP è stabilito che "nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi" (dall’art.4 del CDP). Inoltre, “lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte” (art.26, co.1, CDP). Emerge, quindi, la necessità di mantenere l’indipendenza da sistemi di credenze, ideologie, pregiudizi e conflitti personali anche morali; quindi, ogni psicologə è deontologicamente ed eticamente obbligatə all'imparzialità. A riguardo, citando Lupo (2019), lə psicologə può garantire e mantenere “quella obiettività che si ritiene necessaria per il buon esito di qualsiasi mandato professionale e senza la quale viene meno la neutralità tecnica” (Lupo M.T. in Corradini A., 2019, pag.50). Inoltre, nel 2018, Gulotta e Leardini chiariscono che lə psicologə, in quanto persona, è “depositario di un proprio sistema di valori, che tuttavia, in ambito professionale, deve essere pronto anche a sacrificare” (in Calvi E., Gulotta G. e Leardini E., 2018, pag.38).
Pertanto, lə psicologə chiamatə ad operare nella Stanza dell’Ascolto, non può e non deve assecondare i fini di parte di chicchessia, incluse le associazioni di volontariato con le quali, per ragioni di interesse personale della sua sfera privata, sente o manifesta vicinanza. A riguardo, nel CDP è specificato che “lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione” (art.28, co.1, CDP). Infatti, anche dalla lettura dell’art.3, si comprende che “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto, deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze” (art.3, CDP).
Criticità giuridica nella “Stanza dell’Ascolto”
Dato che l’iniziativa della Stanza dell’Ascolto del Sant’Anna di Torino è presentata come un “servizio pubblico di sostegno ed ascolto a donne incinta in situazioni difficili, come parte di un programma più ampio di sostegno durante e dopo la gravidanza” abbiamo focalizzato analisi e riflessione anche sulla parola chiave “sostegno”.
A riguardo, nel 2015, il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ha chiarito che “il sostegno psicologico è una funzione di tipo supportivo alla tenuta delle condizioni di benessere della persona, del gruppo o di una istituzione. Il sostegno psicologico si realizza, quindi, in tutti quei casi entro i quali si ritiene opportuno garantire continuità e contenimento ad una data condizione”. Inoltre, il CNOP precisa sia che il sostegno “è opportuno in quelle condizioni irreversibili e/o croniche entro le quali svolge una importante funzione di contenimento e tutela (si pensi ad es. alle patologie degenerative), anche per coloro che le vivono indirettamente. Il sostegno psicologico è un intervento il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita dell’individuo e degli equilibri adattivi in tutte le situazioni (di salute e di malattia), nelle quali ciò si rileva opportuno, sviluppando e potenziando i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione” sia che “realizza interventi diretti e mirati ad ottimizzare ogni tipo di relazione affettiva, adeguando la percezione del carico delle responsabilità e sviluppando le reti di sostegno e di aiuto nelle situazioni di disabilità o disagio psichico” (tratto da “La professione di psicologo: declaratoria, elementi caratterizzanti ed atti tipici”, Prot.15000174, Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, Roma, 05 Giugno 2015).
Sbalordisce, allora, che in strutture ospedaliere pubbliche, come il Sant’Anna di Torino, magari già dotate di psicologə nel proprio organico, sia consentito a volontari esterni, dalla professionalità e formazione non ancora ben identificata, di fornire un servizio cruciale alla cittadinanza che, qualora effettivamente esercitato da NON-professionistə della salute mentale, potrebbe persino violare l'art.348 C.P. (esercizio abusivo della professione psicologica), con la probabile aggravante dell’art.110 C.P. (concorrenza nel reato), come discusso durante i lavori del tavolo tecnico congiunto tra la Commissione Tutela dell’Ordine Psicologi della Regione Siciliana (OPRS), il Nucleo Antisofisticazione e Sanità dei Carabinieri di Palermo, il Nucleo di Psicologia del Comando Legione Carabinieri Sicilia e l'Arma Territoriale Carabinieri di Palermo e provincia (tenutosi l'8 giugno 2023 presso la Legione Carabinieri Sicilia, Caserma Carlo Alberto Dalla Chiesa, Palermo).
Su questo, il CDP stabilisce che lə psicologə “contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n.56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive” (art.8, CDP). In applicazione di ciò, “essere parte attiva nella funzione di tutela della professione e del diritto alla salute psicologica vuol dire anche vigilare e segnalare quelle procedure selettive pubbliche per le quali si presume che la nostra categoria professionale sia stata illegittimamente esclusa o comunque danneggiata“ (tratto da: “Tutelare la professione per tutelare la salute dei cittadini. Linee guida di OPRS per Psicologi e Psicoterapeuti”, pag.3).
Inoltre, in ambito giuridico, la Corte di Cassazione, in più sentenze, ha condannato i responsabili di atti di esercizio di una professione per la quale sia richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato ("Abusivo esercizio di una professione, pluralità di atti, necessità, insussistenza", Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI penale, sentenza n.42790 del 20 novembre 2007, e "Esercizio abusivo della professione: reato anche in caso di attività non riservate", Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, sentenza n.11545 del 23 marzo 2012).
Conclusioni
Abbiamo argomentato che non si può non riconoscere che il riordino delle professioni sanitarie del 2018 abbia confermato e irrobustito il ruolo e la professionalità dellə psicologə a cui va riconosciuta e garantita la piena legittimità operativa, anche e soprattutto laddove si tende ancora ad affidare la gestione della salute mentale ad altri soggetti, non legittimamente qualificati.
Riguardo la Stanza dell’Ascolto del Sant’Anna di Torino, che è stata presentata pubblicamente come un “servizio pubblico di sostegno ed ascolto a donne incinta in situazioni difficili, come parte di un programma più ampio di sostegno durante e dopo la gravidanza”, abbiamo ampiamente dimostrato, in forza delle norme vigenti, le ragioni per le quali si tratta di un servizio pubblico da proteggere da qualsivoglia forma di pressione esterna o di influenza ideologica, esplicita o implicita. Nella nostra analisi ci siamo affidatə a etica e deontologia professionali che assicurano le necessarie tutele alla cittadinanza (diversamente da altre figure non ben identificate). Inoltre, empatia e competenze dellə psicologə, aggiungono ulteriori garanzie rispetto al percorso di sostegno che la gestante ha il diritto di intraprendere, soprattutto nei primi 90 giorni. Solo in questo modo, la Donna è supportata da chi possiede l'abilitazione a farlo secondo legge e con un ordine professionale di riferimento che si è dato ulteriori norme comportamentali a cui attenersi e la cui violazione è sanzionata da chi di competenza nelle opportune sedi..
Invitiamo, dunque, il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP) e l'Ordine degli Psicologi del Piemonte (OPP) a intervenire prontamente sia per mettere chiarezza su questa delicata questione sociale e umana sia per ribadire ancora una volta i confini professionali, definiti e tutelati dalle norme vigenti, nonché per individuare eventuali violazioni di legge e attivarsi per contrastarle. Infatti, "lo scopo principale del lavoro dell’OPP è la tutela del benessere psicologico e relazionale della persona con se stessa, con le altre persone e con la comunità, attraverso sforzi congiunti per la diffusione delle conoscenze psicologiche, per aumentare la consapevolezza pubblica, per sviluppare sensibilità verso tematiche umane universali, nel rispetto di standard sempre più elevati in tutto quello che facciamo” (tratto dal sito istituzionale dell'OPP).
Tutto ciò nel pieno rispetto dei diritti della Donna, della sua famiglia, e deə professionistə che la accompagnano lungo il percorso di sostegno alla gravidanza nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, i cui principi di universalità, uguaglianza ed equità risiedono nella legge istitutiva (Legge 833/78).
Testo ad opera della Dott.ssa Barbara Palazzolo e del Dott. Antonino Gennaro
Revisione a cura della Dott.ssa Simona Delli Santi e della Dott.ssa Federica Giobbe
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“La tutela della professione di Psicologo: azioni sinergiche per il contrasto dell’esercizio abusivo” (8 giugno 2023). Tavolo tecnico congiunto tra la Commissione Tutela dell’Ordine Psicologi della Regione Siciliana (OPRS), il Nucleo Antisofisticazione e Sanità dei Carabinieri di Palermo, il Nucleo di Psicologia del Comando Legione Carabinieri Sicilia e l'Arma Territoriale Carabinieri di Palermo e provincia tenutosi presso la Legione Carabinieri Sicilia, Caserma Carlo Alberto Dalla Chiesa, Palermo. Consultato il 25.08.2023 https://www.oprs.it/cittadino/2023/06/08/tavolo-tecnico/
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Legge 11 gennaio 2018, n.3. Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute. (18G00019) (GU Serie Generale n.25 del 31-01-2018). Consultato il 25.08.2023, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/31/18G00019/sg
La professione di psicologo: Declaratoria, Elementi caratterizzanti ed Atti Tipici. Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, Prot.n.15000174, Roma, 05 Giugno 2015. Consultato il 25.08.2023, https://www.psy.it/allegati/2015-la-professione-di-psicologo.pdf
Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza 20 novembre 2007, n.42790. "Abusivo esercizio di una professione, pluralità di atti, necessità, insussistenza". Consultato il 25.08.2023, https://www.altalex.com/documents/news/2009/03/06/abusivo-esercizio-di-una-professione-pluralita-di-atti-necessita-insussistenza
Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, sentenza 23 marzo 2012 n.11545. "Esercizio abusivo della professione: reato anche in caso di attività non riservate". Consultato il 25.08.2023, https://www.altalex.com/documents/news/2012/07/03/esercizio-abusivo-della-professione-reato-anche-in-caso-di-attivita-non-riservate
Tutelare la professione per tutelare la salute dei cittadini. Linee guida di OPRS per Psicologi e Psicoterapeuti (2022). Consultato il 25.08.2023, https://www.oprs.it/wp-content/uploads/2022/11/OPRS-vademecum-tutela-professione.pdf
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