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Perché è importante l’umanità dellə psicologə?

È opinione diffusa che ogni psicologo/a possa disporre di una soluzione ad ogni problema esternato dal/la paziente, persino ai propri. Per estensione, si ritiene anche che il professionista della salute mentale non si lasci mai sopraffare dalle difficoltà e che, quindi, possa vivere la propria vita nel pieno della serenità.

 

Oggi, inoltre, non abbiamo dubbi nell’affermare che qualsiasi psicologo/a con cui abbiamo ipoteticamente o concretamente a che fare, sia un essere vivente al 100%. Nonostante ciò possa sembrare una tautologia, risulta fondamentale tenere a mente tutte le caratteristiche che conseguono alla seguente affermazione: “ogni psicologo è umano”.

Finora, non è stato necessario soffermarsi oltre il dovuto sulle implicazioni dell’essere portatori/trici di “umanità”. Dal dizionario Treccani [1], possiamo metterne in risalto alcune caratteristiche peculiari come, ad esempio, ‘fragilità’ e ‘debolezza’. Ancora nel dizionario Treccani [2] è possibile leggere la definizione di “empatizzare”, intesa come la capacità di porsi nella situazione di un'altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell'altro. Tale capacità non può che poggiarsi su ciò che rende unici gli appartenenti alla nostra specie, ossia proprio l’umanità. L’assenza della componente delle fondamenta costituite dal fattore umanità, fa crollare la capacità empatica.

Nonostante sia chiara l’appartenenza di psicologi e psicologhe alla categoria sopra citata, se non altro perché riconosciamo di appartenere alla stessa specie, spesso si sentono frasi come “quello psicologo di coppia non è bravo, mi hanno detto che è divorziato” oppure “quel terapeuta non mi piace, l’ho sentito alzare la voce al telefono l’altro giorno”. Eppure, abbiamo appena asserito e dimostrato che anche psicologi e psicologhe sono esseri umani e, come ogni altra persona, possono trovarsi in situazioni di difficoltà nella propria vita. Allora, perché questa categoria dovrebbe essere esente da eventuali errori “umani”?! Ammesso, ma non concesso, che divorziare ed alzare la voce siano da considerarsi errori

Di conseguenza, sorge spontaneo chiedersi se, per svolgere il lavoro di psicologo/a, in modo professionale ed utile, serva avere tutto sotto controllo ed una risposta ad ogni quesito. Per rispondere a questo occorre evidenziare che disporre di metodi, tecniche e strumenti non sempre assicura la risoluzione di un problema. A riguardo, va sottolineato che lo/a psicologo/a è in buona compagnia dato che altre figure professionali di svariati altri ambiti disciplinari e professionali (come, ad esempio, gli avvocati che non possono garantire il risultato della sentenza). 

 

Certo, se diamo in mano ad un meccanico una chiave inglese, è abbastanza probabile che riesca ad eliminare qualsiasi fastidioso rumore prodotto da essa piuttosto che se ad adoperarla fosse il proprietario del veicol. Ma, a volte, può accadere che anche il meccanico più affidabile in circolazione non riesca ad essere efficace nel risolvere i problemi tecnici della vettura e si sarà costretti a tenersi quel rumore fastidioso o magari, altre volte, egli dovrà chiedere aiuto ad un collega più esperto in quello specifico settore di competenza.

 

Anche per ogni professionista della salute mentale vale lo stesso principio: a volte sapranno usare le proprie competenze al meglio, individuando e risolvendo il problema, ma altre volte avranno bisogno di confrontarsi con altri/e colleghi/e.La professionalità dello/a psicologo/a sta proprio nel saper chiedere consiglio. Infatti, sebbene sia un esperto del settore della salute mentale, rimane pur sempre un essere umano.

 

Ed è così che, in una realtà in continua evoluzione, dove le informazioni sono sempre più reperibili ed alla nostra portata, dove basta chiedere qualcosa ad alta voce per ottenere una risposta precisa ed accurata, direttamente dagli smartphone o da quei dispositivi domestici in cui è l’intelligenza artificiale interna che interagisce con l’essere umano, è facile cadere nel tranello di pensare che, anche per problemi emotivi, si possa giungere ad una risposta precisa e lineare proprio da questi oggetti. La classica soluzione semplice a problemi complessi, raggiunta senza alcun sforzo, solamente dicendo ad alta voce “OK Google, sono depresso, cosa posso fare per non esserlo più?”.

Ma siamo davvero sicuri che un’intelligenza artificiale, razionale ed analitica e che, nell’immaginario collettivo, rappresenta qualcosa di ben distante dal possibile errore, possa effettivamente essere d’aiuto all’essere umano che mostra la sua fragilità proprio nel momento stesso in cui esplicita, ad alta voce ma non udito da altri umani, il suo disagio e la sua richiesta di soccorso?

Eppure, anche le intelligenze artificiali non sono esenti da errori. In un articolo di ComputerWorld Italia [3] sono riportati cinque eclatanti errori che sono costati molto cari alle organizzazioni che si sono affidate alle intelligenze artificiali i cui rispettivi algoritmi presentavano errori di calcolo. In uno di questi casi, la percentuale di errore era addirittura compresa tra 1,9% e 6,9% e ciò si traduce in notevoli perdite per le imprese che si servono principalmente, se non addirittura esclusivamente, dell’intelligenza artificiale nel decision making strategico aziendale. Portando queste considerazioni nel settore della salute mentale, cosa potrebbe allora accadere se l’intelligenza artificiale dovesse sostituire lo/a psicologo/a in carne e ossa? Ad esempio, una percentuale di errore del 5% nei processi decisionali degli algoritmi di gestione del percorso terapeutico significherebbe che, su 100 pazienti, 5 non avrebbero alcuna garanzia di essere seguiti efficacemente ed accuratamente così come, invece, sarebbe chiamato a fare lo/a psicologo/a (umano/a) nel pieno rispetto del codice deontologico, dell’etica professionale, degli approcci, delle metodologie, delle tecniche e degli strumenti sui quali si è formato, è stato esaminato, e continua ad aggiornarsi e ad essere esaminato, ancora e ancora. 

Il presente che stiamo vivendo sembra già indirizzarci verso un distopico futuro di questo tipo, decisamente non troppo distante, in cui le persone insicure e disorientate potrebbero completamente affidarsi a dispositivi impersonali ed inumani per cercare comprensione, conforto e consiglio. È il caso di “Ellie”, una terapeuta virtuale lanciata negli Stati Uniti, che è in grado di ascoltare l’interlocutore, leggerne la mimica facciale ed intervenire con contenuti predefiniti [4]. Le risposte di Ellie, tuttavia, sono appunto “predefinite” ossia sono dei pacchetti che statisticamente sono stati d’aiuto alla maggior parte delle persone con una problematica simile, ma non sono individualizzati, ossia non tengono conto del fatto che ogni essere umano è unico e anche il percorso psicologico con il supporto del/la professionista umano/a (quindi, unico/a a sua volta), esperto/a di quanto realmente necessario allo/a specifico/a paziente.

Il fatto che dietro ad un professionista vi sia una persona o un’intelligenza artificiale, quindi, diventa fondamentale non solo per avere un aiuto pensato per noi, e non per la popolazione in generale, qualcosa che calzi a pennello; ma anche perché il fatto di aver avuto delle difficoltà ed aver commesso degli errori in passato possono diventare delle risorse preziose per fornire un insight più adeguato e sensibile possibile.

 

Da una ricerca del 2022, condotta da Sarah E. Victor e coll [5], su 1692 docenti, studenti laureati, dottorandi e tirocinanti  in psicologia clinica, scolastica e di consulenza,  è emerso che i risultati del questionario loro sottoposto, indicano che ben oltre l’80% ha riferito di aver avuto difficoltà emotive in un punto della propria vita, e ben il 48% ha dichiarato di aver ricevuto anche un’effettiva diagnosi di disturbo mentale (non necessariamente grave, ndr). Eppure, sempre dallo stesso studio, non sembrerebbe che queste difficoltà siano state un ostacolo alla loro professione; anzi! Spesso è stato riportato come l’aver vissuto in prima persona alcune vicende li aiuti a meglio comprendere, con immediatezza, i processi psichici dell'altro/a nelle sfide che i loro clienti/pazienti si trovano a fronteggiare.

Ancora una volta attingendo dal dizionario Treccani [1] possiamo, infatti, evidenziare un’altra caratteristica dell’essere umano: quella della compassione e della cortesia, ancora non replicabili dalle intelligenze artificiali.

 

Concludendo, perché cercare un/a perfetto/a professionista della salute mentale?! La perfezione, in quanto tale, non esiste giacché è solo un concetto teorico a cui tendere ma che non può mai essere raggiunto. Ma, poi, perché accanirsi nel voler “toccare con mano” la perfezione quando la parte veramente arricchente è, soprattutto, il viaggio verso di essa, evitando di raggiungere la destinazione, seppur anelandola? Invece di rivolgersi alle intelligenze artificiali per risolvere i nostri problemi della sfera più intima, non sarebbe meglio sfruttare a nostro vantaggio questa “imperfetta, ma calda, umanità”?!

A Siri, Alexa e a tutta la compagnia dei loro vari amici elettronici e privi di anima chiediamo che ci forniscano un elenco dei professionisti della salute mentale a cui rivolgerci.

Testo ad opera della Dott.ssa Santoni Francesca e del Dott. Gennaro Antonino
Redazione a cura della Dott.ssa Delli Santi Simona

Riferimenti:

[1] Treccani. (s.d.). “Umanità”. In Vocabolario Treccani online, https://www.treccani.it/vocabolario/acquistare/

[2] Treccani. (s.d.). “Umanità”. In Vocabolario Treccani online, https://www.treccani.it/vocabolario/acquistare/

[3] Computer World Italia, Algoritmi e AI: 5 errori memorabili su cui riflettere, https://www.cwi.it/tecnologie-emergenti/intelligenza-artificiale/algoritmi-e-ai-cinque-memorabili-errori-su-cui-riflettere-131932

[4] USC Institute for Creative Technologies, SimSensei Project https://ict.usc.edu/research/projects/

[5] Victor, S. E., Devendorf, A., Lewis, S., Rottenberg, J., Muehlenkamp, J. J., Stage, D. L., & Miller, R. (2021, July 12). Only human: Mental-health difficulties among clinical, counseling, and school psychology faculty and trainees. https://doi.org/10.31234/osf.io/xbfr6

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