Borse di specializzazione - La Storia Infinita
- Sebastiano Musolino

- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 2 min
“Le parole sono importanti. Anche quelle che non si dicono.”
C’è un elefante nella stanza.
È enorme.
E si continua a ignorarlo, come se non fosse impossibile farlo sparire.
A un anno dall’approvazione, nella Legge di Bilancio 2024, dell’emendamento sulle borse di studio per le specializzazioni non mediche, non c’è ancora traccia dei decreti attuativi.
E dai Ministeri non arrivano parole.
Arriva solo un silenzio assordante.
Ma facciamo ordine.

Il 17 dicembre 2024, dopo anni di richieste e di mobilitazione, insieme a Renasfo, ABIFB e aə parlamentarə che ci hanno ascoltato, siamo riuscitə a ottenere una norma storica: la possibilità, anche per le specializzazioni non mediche, di accedere a una borsa di studio (seppur minima).
In precedenza avevamo partecipato a un incontro con l’On. Schifone e il Sottosegretario Gemmato, durante il quale ci era stata illustrata la misura e il percorso previsto per i decreti attuativi.
Avevamo ricevuto impegni precisi, in particolare per lə psicologə: aprire un confronto sulle specializzazioni private, oggi escluse, entro la primavera 2025.
Poi entro giugno.
Da allora: nulla.
Nessuna risposta.
Nessun tavolo di confronto.
Nessuno spazio di interlocuzione per una categoria professionale che chiede solo diritti e chiarezza.
Abbiamo chiesto l’intervento dell’On. Ricciardi, che a luglio ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Abbiamo inoltrato richieste di incontro ogni mese, anche tramite contatti indiretti.
Ancora silenzio.
Nel frattempo, le università sono bloccate: senza decreti non possono pubblicare i bandi, definire i posti, avviare correttamente le borse.
Tutte ferme, per evitare un caos amministrativo.
Tutte tranne La Sapienza, dove lə specializzandə sono statə invitatə ad aggiornare il profilo sul portale dell’Ateneo, inserire l’IBAN e avviare le procedure per le borse, senza però un numero ufficiale di posti, che deve essere indicato dal Ministero dopo la rilevazione del fabbisogno.
Il risultato è che alcunə ricevono la borsa, altrə no.
Una situazione confusa e profondamente iniqua.
A peggiorare il quadro, resta in vigore la Legge 398/1989, che fissa il limite di reddito a 7.750 euro lordi annui e rende la borsa non cumulabile con altri aiuti regionali o universitari.
Una cifra insufficiente, che costringe molte persone a rinunciare ad altri sostegni.
Un punto su cui avevamo chiesto un confronto.
Mai avvenuto.
Abbiamo anche proposto un emendamento alla Legge di Bilancio 2025 per iniziare ad aumentare gli importi.
Non sappiamo se verrà accolto. Ma non possiamo smettere di provarci.
E allora la domanda è: che si fa adesso?
Quello che abbiamo sempre fatto.
Quello che un’associazione nazionale deve fare.
- Tenere alta l’attenzione
- Informare
- Disturbare quando serve
- Rappresentare e tutelare lə professionistə della salute mentale
Perché finché le istituzioni considereranno “inutili” le richieste di chi lavora, studia e si forma ogni giorno, noi continueremo a lottare per un diritto fondamentale: il riconoscimento della dignità professionale.




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