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Legge 56/89: com'è nata?

35 anni fa nasceva la Legge Istitutiva dell’Ordinamento della professione di Psicologo. 35 anni fa nasceva il nostro Ordine professionale.

 

In 35 anni la nostra professione è cambiata tanto, è cresciuta. Ma, di fatto, come è nata la nostra professione?

 



Il nostro intento non è quello di fare un trattato o scrivere un saggio sulla nascita dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi: altre grandi personalità della Psicologia lo hanno già fatto e non ci sentiamo in grado nemmeno di paragonare queste righe al lavoro decennale di ricerca e studio che hanno fatto. Ma è utile capire da dove siamo partiti per immaginare dove possiamo arrivare.

 

La prima volta che in Italia compare la psicologia è nel 1870 con il saggio “La psicologia come scienza positiva” di Roberto Ardigò. Si tratta del primo grande mattone per vedere in Italia la disciplina psicologica, la quale veniva insegnata solo nelle facoltà di Lettere e Filosofia.

 

Durante il ventennio fascista la Psicologia venne praticamente bandita e considerata utile solo al reclutamento di soldati e al controllo della popolazione. Così come tutta la scienza, considerata solo ai fini bellici.

Allo stesso tempo la Chiesa Cattolica vedeva la psicologia come qualcosa di materialistico e veniva osteggiata da più punti: la psiche, di fatto, era l’anima e, in quanto tale, poteva essere trattata solo da uomini ecclesiastici.

 

Nel dopoguerra compare la figura di Adriano Ossicini, medico e psicologo. Ed è da lui che inizia il lunghissimo percorso che ha portato, nel 1989, a definire la professione psicologica.

 

La concezione di allora della mente era prettamente organica e, quindi, ad esclusivo appannaggio della medicina. La visione di Ossicini era di considerare la salute mentale non solo come qualcosa di organico ma qualcosa che dovesse prevedere delle figure che supportassero l’individuo, e la sua salute, da più punti di vista.

 

Ed è proprio dall’allontanamento da questa idea che viene a definirsi il “grande compromesso”: siamo, di fatto, natə proprio da un compromesso con i medici i quali consideravano fosse necessario che ci fosse un unico “operatore” per operare sui bisogni del paziente. In particolar modo, la psicoterapia doveva essere lo strumento d’elite della psichiatria per poter operare sulla mente dell’individuo.

 

La legge, perciò, ha impiegato più di 20 anni per nascere. Un lunghissimo lavoro di mediazione tra le richieste della nuova professione e della lobby dei medici (accezione totalmente neutra, in quanto “portatori d’interesse”): da una parte si richiedeva una creazione di un ordine professionale totalmente scorporato e libero da quello dei medici, con un proprio codice e con le proprie regole; dall’altro si chiedeva che “le psicoterapie” fossero ad uso esclusivo dei medici, affermando implicitamente una subalternità della psicologia alla medicina.

 

Quello che ne è uscito fuori è un testo di legge che ha gettato le basi per un’indipendenza della nostra professione e per un nostro ordinamento ma che, allo stesso tempo, presenta delle criticità dovute a questo enorme e lunghissimo lavoro di raccordare molti (troppi) punti di vista e interessi corporativisti.

 

È perfetto? No.

È chiaro? Non del tutto.

È migliorabile? Sì.

Si può (vuole) migliorare? Forse è meglio non affrontare in questa occasione l’argomento. Ma ci torneremo.

 

Un primo punto da tenere in considerazione per una futura discussione con tutta la comunità psicologica è l’aver messo in un unico calderone più modelli e teorie come “psicoterapie” e l’aver considerato un’unica specializzazione. Questo è dovuto anche al momento storico in cui la legge è nata: l’attività psicologica era quasi interamente clinica e le altre branche della professione non erano così affermate e studiate.

 

Ci stiamo concentrando su questo punto non per avallare la tesi per cui “si è professionista solo se si ha la specializzazione” ma perché a monte di questo mantra che viene ripetuto in continuazione (“lo psicologo fa solo supporto, è lo psicoterapeuta che può prendere in carico i pazienti”) vi è l’obbligo di possederla per poter accedere a ruoli all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Forse è il caso di rivedere questo aspetto o aprire contratti e ruoli senza questo obbligo.

 

Così come è necessario rivedere la tutela della professione, visto il proliferare di “professioni” che con la psicologia nulla hanno a che vedere ma si arrogano il diritto di vedersi riconosciuti come professionisti di ambiti psicologici.

 

Nonostante le evidenti criticità, la legge è nata e siamo nati noi psicologhe e psicologi.

Noi ci auguriamo di poter vedere risolversi, un giorno, tutte le lotte intestine dovute a meri interessi personali e di poter camminare tutti insieme per migliorare, crescere e dare dignità alla professione che riteniamo la più bella di tutte.

 

Buon compleanno, Psicologia.

 

Vi lasciamo due link per comprendere meglio la visione di Ossicini e il lunghissimo lavoro che c'è stato dietro la scrittura e la pubblicazione della legge 56/89:

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