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STATI GENERALI DELLA PSICOLOGIA: COSA È EMERSO?

Ma voi avete lo avete capito a che sono serviti gli Stati Generali della Professione Psicologica?


Lo chiediamo perché, da quello che si evince anche dai canali social e dalle newsletter del CNOP, alla fine è stato un fastosissimo ed elitario fuoco di paglia. È sembrato più una cena di classe tra compagni di scuola con cui non ci si vedeva da tanto tempo piuttosto che un momento in cui condividere pensieri, riflessioni, spunti e indirizzi da parte di tutta la categoria professionale.



Anche perché la categoria, di fatto, non c’era. O per meglio dire, c’era solo una parte di essa: quella istituzionale, quella che già può confrontarsi e che può essere ascoltata.


L’altra, quella che non siede a nessun tavolo, che non ha nessuna poltrona, che non ha modo di farsi ascoltare e che lotta ogni giorno per dare dignità alla nostra professione no e non per mancanza di volontà di partecipare: ma perché non era proprio prevista.


Lo si poteva capire già dal programma (come potete leggere nel nostro precedente articolo) che non ci sarebbe stato nessun confronto con la realtà e con la categoria.


Si sono susseguiti tanti interventi da parte delle istituzioni, per lo più assenti o disinteressate e con delle frasi di circostanza con contributi video (molti non si sono nemmeno presentati), da parte di relatori nazionali e internazionali e da parte di alcuni gruppi di lavoro con i risultati di alcuni studi e ricerche. Alcune di esse erano molto interessanti, come “Politiche di genere nelle professioni” in cui si affrontava l’annosa questione di genere, rimarcando come anche nella nostra professione ci sia una questione di genere da affrontare e risolvere.


Ma tutto l’evento si può riassumere qui perché è mancato l’elemento principale che avrebbe dovuto caratterizzarlo: il confronto. Per i (pochi) presenti è stato un bel momento formativo, ma non c’è stato nessun confronto con la categoria professionale, nessun dibattito coinvolgendo gli psicologi e le psicologhe che quotidianamente cercano di mettere delle pezze ad un sistema che doveva essere il centro di ogni azione politica e ordinistica ma che è stato l’ennesimo tema “usa e getta”.


Leggiamo quotidianamente frasi del tipo “Si dovrebbe fare questo”, “Si dovrebbe fare quello”, “Si dovrebbe investire di qua”, “Si dovrebbe investire di là” ma in 3 anni abbiamo visto solo la realizzazione di due leggi regionali sullo psicologia di base (di cui, quella in Campania ben avviata) ma che risalgono a ben prima di questa consiliatura e sempre di volontà regionale. Poi, solo tantissime chiacchiere, intenzioni, protocolli d'intesa e infinito volontariato.


D'altronde "Ma quali contratti? Passione ce vole. Passione!"


Possiamo definire tutto questo un costoso e indecoroso spazio propagandistico in prossimità delle imminenti elezioni ordinistiche? Possiamo definire tutto questo una presa in giro nei confronti della categoria professionale?


Ci siamo riempiti, tutti quanti, la bocca di bellissime parole, di bellissime idee e di bellissimi propositi ma abbiamo visto la parte peggiore della politica professionale: la difesa ad oltranza di uno status quo che non fa bene alla categoria, non fa bene all’utenza e non vede cosa sta accadendo lì fuori, i cambiamenti che ognuno di noi richiede da decenni, i problemi che vengono messi sotto al tappeto, gli interessi personali e professionali a discapito dell’interesse di una comunità professionale che chiede solo di essere ascoltata.


Noi, a tutto questo, diciamo basta. Non possiamo più permettere che si usi la scusa del “confronto” per fare proselitismo e propaganda elettorale. Non possiamo più sentirci dire “Ci sono altre cose più urgenti da fare” perché di urgente c’è solo la valorizzazione di una professione.


Ricordiamo molto bene quando siamo scesi in piazza a ridosso della prima sessione del 2020: piena pandemia, caos e confusione più totale riguardo a come si sarebbe svolto da lì a pochissimi giorni l’Esame di Stato.


Abbiamo lottato con i denti e con le unghie affinché si iniziasse a parlare di riforma dell’Esame di Stato e di includere nella legge sulle Lauree Abilitanti anche il nostro percorso. Abbiamo auspicato che da tutto questo potesse nascere una riforma del percorso formativo ,che a detta di tutti era la cosa più urgente da fare. Abbiamo visto, però, come quando c’è stata l’occasione di farlo, gli interessi personali hanno prevalso sugli interessi della nostra comunità.


Stiamo continuando a vedere che “tutto cambi affinché nulla cambi” e, quindi, ci chiediamo: quanto ancora dobbiamo aspettare questo confronto? Quanto ancora dobbiamo aspettare per prendere in considerazione la categoria professionale?


Il tempo è finito. Anche per questa consiliatura.


Applausi. Giù il sipario. Lo spettacolo è terminato.


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